Il refettorio, infatti, è come una scatola prospettica nella quale lo spazio dipinto e la dimensione reale interagiscono.
Per questo Leonardo sceglie di ambientare la scena in un contesto che possiamo definire “aperto” verso l’esterno e non in un luogo chiuso, come invece vorrebbe la tradizionale iconografia.
La principale fonte luminosa proviene dalle finestre della parete sinistra del refettorio
e coincide con la luce che all’epoca di Leonardo illuminava la sala; un lieve effetto
di controluce è dato anche dalle grandi finestre che vediamo in secondo piano.
La presenza delle sorgenti luminose permette alle due dimensioni
– quella reale e quella illusoria del dipinto – di interagire tra loro.
La costruzione prospettica, invece, ha il suo punto di fuga a quattro metri di altezza,
in corrispondenza della tempia destra di Cristo.
Per rendere i diversi piani del dipinto, Leonardo utilizza quella che lui stesso chiama la “prospettiva aerea” nel suo Trattato della pittura con l’esempio delle montagne che, in lontananza, ci appaiono più azzurre proprio come nell’Ultima Cena.
La prospettiva aerea cara a Leonardo è qui rappresentata con un brusco mutamento della gamma cromatica che, dai colori caldi delle figure in primo piano e dello spazio architettonico, passa a toni freddi, come il verde e l’azzurro, dando così l’idea dell’aria che sta tra l’occhio di chi osserva e lo sfondo pittorico.
Il primo discepolo da sinistra è Bartolomeo, che si trova all’estremità del tavolo e sembra alzarsi di impeto all’annuncio di Cristo: egli, infatti, poggia le mani sulla mensa e protende il corpo verso Gesù.
Vicino a lui si trova Giacomo Minore, che vediamo di profilo mentre tocca la spalla del più anziano Andrea, il quale alza le mani, come a volersi discolpare da qualsiasi sospetto di tradimento.
Vicino a lui c’è Pietro, che il fratello Andrea tocca con la mano sinistra quasi a chiedere conforto, ma che è proteso verso Giovanni, il giovane malinconico seduto accanto a Cristo.
Pietro, infatti, sembra voler cogliere le parole di Cristo e incitare Giovanni a chiedere chi sia il traditore. Pietro, inoltre, impugna un coltello nella mano destra, appoggiata sul fianco.
Vicino a questo gruppo c’è Giuda, che sembra ritrarsi col corpo mentre poggia il gomito sulla mensa. Nella mano tiene la sacca contenente i 30 denari che ha ricevuto per il tradimento.
Sulla destra, invece, Giacomo Maggiore apre con sdegno le braccia mentre Tommaso, proteso verso Cristo, lo esorta a parlare tenendo l’indice della destra puntato in alto.
Filippo si è appena alzato in piedi e, rivolto verso Cristo, porta le mani al petto con un’espressione di dolore sul volto.
Vicino a lui c’è Matteo, che ruota le braccia verso Cristo. Il suo volto, però, è girato nella direzione opposta e rivolto verso Simone e Giuda Taddeo per richiamare la loro attenzione alle parole appena udite.
Giuda Taddeo, invece, è stupito. La sua mano sinistra poggia sulla tavola col palmo aperto, mentre con la destra l’apostolo indica sé stesso.
L’anziano Simone, infine, con atteggiamento più pacato siede a capotavola e si rivolge a Giuda Taddeo e a Matteo.
Leonardo affida alle espressioni dei volti, ai gesti e agli atteggiamenti dei corpi degli apostoli
i sentimenti più vari come la rabbia, la paura, lo stupore e il dolore perché, come lui stesso scrisse,